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Dall'innovazione allo sfruttamento: il costo dell'Hype tecnologico e pratiche truffaldine in nome del profitto


Con le luci abbassate e la sala in fibrillazione, inizia la proiezione di un video con immagini eleganti e futuristiche che danzano sul palco. Una nuova alba nell'innovazione tecnologica. Al centro di questo spettacolo si trova Jesse, il CEO della Rabbit Inc. Goffo e dall'aria modesta cerca comunque di seguire il copione cercando di svelare con confidenza le meraviglie promesse dal Rabbit R1. La folla è sbaolordita dalla dimostrazione delle innumerevoli funzioni: comandi vocali per ordinare un Uber, comandare la cena, pianificare un viaggio, e gestire anche attività molto più complesse. Una scena reminescente di un keynote di Apple, pieno di premesse cariche di speranza.


Tuttavia, oltre questa sfarzosa esibizione si cela una realtà molto più fosca: un'industria, quella tecnologica e digitale, sempre più contaminata da pratiche losche e truffaldine. Se un tempo queste pratiche erano confinate nell'ombra del regno digitale, ora sempre più spesso vedono la luce del giorno, esibendosi senza vergogna alcuna, e vengono addirittura abbracciate anche da aziende consolidate e con una certa reputazione. Nonostante la sua fanfara, il Rabbit R1 è la perfetta incarnazione di questa nuova tendenza preoccupante. Dopo aver raccolto millioni di dollari, e dopo aver catturato l'immaginazione dei consumatori, le promesse non sono state mantenute. Le recensioni di importanti YouTubers hanno dipinto un quadro desolante, descrivendo un prodotto che, nella migliore delle ipotesi, non era in grado di offrire un decimo delle prestazioni presentate dall'azienda.


Questa palese mancanza di rispetto per concetti come l'integrità, riflette un cambiamento più ampio nella nostra società, dove comportamenti tanto astuti quanto scorretti vengono addirittura celebrati in alcuni casi. L'incessante ricerca e credo assoluto nella parola "profitto" ha messo in tavola una cultura in cui i confini etici sono offuscati e la responsabilità diventa una rarità. Se approfondiamo le storie che meglio rappresentano questa persuasiva cultura truffaldina appare chiaro che qualcosa deve cambiare. Bisogna ristabilire un senso di responsabilità e pretendere di più da chi plasma le tecnologie che governano sempre di più le nostre vite.


L'evoluzione di pratiche truffaldine


Agli albori dell'era digitale, le truffe strisciavano nell'anonimato, nascoste dietro nomi utente oscuri e profili senza volto, vendendo false opportunità di arricchimento con schemi di phishing. Le famigerate e-mail del principe nigeriano o il lontano parente pronti a consegnarti una fortuna se solo per sbrigare qualche formalità ti prendevi il disturbo di mandare qualche centinaio o migliaio di Euro su un conto da loro provveduto, e le inserzioni troppo belle per essere vere su eBay si distinguevano in quest'epoca, anche se i bersagli erano sempre gli stessi: gli ingenui e gli ignari. Ma gli autori di queste operazioni evitavano meticolosamente di farsi scroprire o far trapelare qualsiasi dato circa la loro identità.


Tuttavia con l'avanzamento di nuove tecnologie e con il fiorire di piattaforme social media, anche la natura di queste truffe ha iniziato la propria evoluzione e trasformazione. Questo tipo di pratiche ingannevoli hanno iniziato ad emergere dall'anonimato e presentarsi in piena vista, talvolta addirittura sostenute da volti noti. In questo nuovo e sfrontato approccio, truffatori travestiti da CEO, influencers, o più generalmente i cosidetti "hustlers", mostrano la propria identità quasi con una punta di orgoglio. Quello che una volta era un vizio nascosto è diventato uno spettacolo palese. I confini tra affari legittimi e veri e propri inganni sono sempre più labili e richiedono una rivalutazione della nostra tolleranza nei confronti di queste pratiche.


Il caso Rabbit R1


La corsa forsennata e il muro con cui inevitabilmente il Rabbit R1 si è scontrato è una storia che rispecchia la travagliata traiettoria della moderna imprenditoria - soprattutto, ma non esclusivamente, tecnologica. Tutto è iniziato con l'evento di lancio di grande impatto in cui Jesse, per conto della Rabbit Inc., ha affascinato il pubblico con la presentazione di questo miracoloso - e sospettosamente economico - prodotto. Il mondo dei consumatori appassionati di tecnologia si è entusiasmato, e i capitali di rischio si sono riversati nei conti della Rabbit Inc. che ha raccolto decine di millioni di dollari.


Ma questa facciata abbagliante ha cominciato presto a sgretolarsi. Le prime persone in grado di utilizzare e recensire questo prodotto hanno scoperto che non era affatto il miracolo rivoluzionario che era stato annunciato. Personalità di spicco sulla piattaforma di YouTube come Marques Brownlee hanno rivelato infatti difetti evidenti, mostrando come il dispositivo non riuscisse a svolgere nemmeno le funzioni più basiche. "Ciò che si riceve è al limite del non funzionante", si sono lamentate diverse persone, sintetizzando la delusione generale.


Facendo un salto indietro nel tempo, troviamo un'altra impresa simile perpetrata dallo stesso Jesse, con il progetto Gamma. Inizialmente denominata Cyber Manufacture Co, questa società prometteva di rivoluzionare il panorama digitale con un'iniziativa innovativa di NFT e di energia pulita. Il progetto Gamma ha raccolto 6 milioni di dollari, con obiettivi ambiziosi come la creazione di una criptovaluta a emissioni zero. Tuttavia, come il Rabbit R1, queste promesse non sono mai state mantenute. Jesse si è allontanato dal progetto fallito, e ha fatto un rebranding (una parolona frizzante che trae spesso in inganno) e spostato l'attenzione sulla prossima impresa, in cui lo schema di fondo è rimasto lo stesso: promettere molto e mantenere poco o nulla.


Le promesse non mantenute e i progetti abbandonati sono temi ricorrenti che non macchiano solamente il curriculum della Rabbit Inc., ma un'usanza che prende sempre più piede dove anche aziende di alto calibro danno la priorità all'hype e agli investimenti piuttosto che alla reale fattibilità del prodotto.


La cultura del profitto immediato a scapito dell'etica


La frase “fake it till you make it” è diventata il mantra di una generazione, un tormentone che racchiude la pervasiva e frenetica cultura che domina i mercati odierni. Questa mentalità, che incoraggia a proiettare successo e competenza anche prima di averli realmente ottenuti, si è insinuata nel tessuto della nostra società, normalizzando l'inganno ed erodendo valori di integrità e onestà.


Nel mondo delle Cryptovalute e soprattutto degli NFT si può spesso osservare una versione amplificata di questa tendenza. Influencers presumibilmente esperti del campo promuovono a cadenza regolare attività e prodotti digitali con grandi promesse di immenso valore e vantaggi esclusivi, salvo poi lasciare un buco nei conti di chi decide di dar loro fiducia. E di recente anche celebrità come ad esempio Justin Bieber e Takashi 6ix9ine sono stati trascinati in questo territorio, accettando di sfruttare il loro enorme seguito per promuovere progetti NFT che alla fine hanno lasciato molti dei fan che hanno investito con entusiasmo delusi e in perdita.


Ma le figure che trovo più preoccupanti non sono le celebrità mainstream che hanno poco o nulla a che fare con l'ambiente digitale, ma piuttosto gli influencer che si vendono come "esperti specializzati". Questi individui che creano un'illusione di competenza e successo, attirando persone speranzose con promesse di guadagni rapidi e libertà finanziaria, finiscono col fornire solamente informazioni riciclate e di superficie, o addirittura fasulle per il loro guadagno personale. È quindi fondamentale identificare e mettere un freno a questi "guru del digitale" che capitalizzano sulla loro esperienza percepita. Le sponsorizzazioni degli influencer creano un rischio asimmetrico significativo, dato che loro e i promotori traggono profitto dalle vendite iniziali, ma l'onere finanziario ricade sui loro follower. Lo scollamento tra la facciata promozionale e la dura realtà del mercato speculativo sottolinea un problema più profondo dell'economia degli influencer: la priorità del profitto rispetto alla responsabilità etica.


Tattiche di marketing manipolatorie


Nel panorama delle grandi aziende la famigerata tattica del doppio embargo è un esempio importante. I recensori di prodotti tecnologici vengono invitati a eventi esclusivi, ricevendo accesso anticipato ai prodotti con istruzioni rigorose su ciò che possono o non possono dire. La prima ondata di recensioni può discutere solo aspetti superficiali come il design e le specifiche tecniche, omettendo deliberatamente qualsiasi critica sostanziale alla funzionalità o alle prestazioni. Questa strategia è stata palesemente utilizzata durante il lancio del Microsoft Surface Duo. I recensori potevano ammirare l'hardware, ma era loro vietato accendere il dispositivo e rivelare il software difettoso che si celava sotto l'aspetto sofisticato.


Un altro stratagemma comune è il “Coming Soon”. Le aziende annunciano caratteristiche rivoluzionarie durante la presentazione dei loro prodotti, generando eccitazione e scalpore attraverso i media. Tuttavia, spesso queste caratteristiche non sono pronte al momento dell'uscita. Il lancio dell'iPhone 11 di Apple, con la tanto sbandierata fotocamera Deep Fusion, ne è un esempio lampante. I recensori hanno easperato le promesse di Apple nella loro copertura iniziale, ma quando la funzione è stata effettivamente rilasciata e si è rivelata insoddisfacente, il clamore iniziale aveva già raggiunto il suo scopo.


C'è poi l'uso di citazioni selettive. Le aziende raccolgono frammenti positivi da recensioni complete, eliminando il contesto e le critiche, e li spargono sui loro materiali di marketing. Una recensione intitolata “Il Samsung perfetto”, che critica i problemi persistenti di Samsung pur riconoscendo i suoi punti di forza, viene ridotta a sole tre parole, ingannando i potenziali acquirenti.


Queste tattiche manipolative creano una narrazione parallela in cui la versione idealizzata del prodotto contrasta nettamente con l'esperienza reale del consumatore. Questa dissonanza erode la fiducia ed evidenzia l'urgente necessità di una maggiore trasparenza e onestà nel marketing.


L'ascesa dei guru e il trucco dei corsi online


Il sorriso carismatico, le promesse sicure, i valori di produzione del video promozionale: tutto sembra troppo bello per lasciarselo scappare. Scorrendo YouTube è molto probabile che vi imbattiate nella promozione di un corso che promette di svelare i segreti della libertà finanziaria. Per una modica cifra, questo giovanotto o questo signore dalla parlantina svelta e sicura sostiene di poter trasformare voi e la vostra vita: da semplici consumatori in creatori e imprenditori di successo.


Prendete Andrew Tate e il corso chiamato The Real World, precedentemente noto come Hustler's University. Il prezzo d'ingresso è allettante e le testimonianze sono entusiasmanti. Tuttavia, se si approfondisce, diventa chiaro che il corso non mira tanto a impartire conoscenze preziose quanto a perpetuare un ciclo di illazioni e disinformazione. Le lezioni iniziali sono un mix di consigli commerciali comuni e tattiche dubbie avvolte in una patina di pensiero rivoluzionario.


Il vero punto di forza, tuttavia, è il programma di affiliazione: il vero motore del successo del corso. Gli studenti sono incentivati a promuovere il corso ad altri, guadagnando commissioni per ogni nuova iscrizione. In questo modo si crea una camera d'eco di recensioni positive, in quanto gli iscritti sono finanziariamente motivati a mettere il corso nella migliore luce possibile. Il contenuto effettivo? Spesso si tratta di informazioni riciclate, di livello superficiale, facilmente reperibili gratuitamente online.


Il kit per la creatività di Sneako ha seguito uno schema simile. Con la grande promessa di insegnare i segreti per diventare virali sui social media, il corso ha riconfezionato i live stream pubblici e i consigli di base in un prodotto ad alto prezzo. Anche il suo programma di affiliazione si basava sulla promozione del corso da parte degli utenti per perpetuarne la portata.


Queste tattiche sfruttano i sogni e le aspirazioni di persone speranzose, attirandole con la promessa di un rapido successo e di soldi facili. La realtà, tuttavia, è che questi corsi spesso offrono poco più di ciò che un individuo determinato potrebbe trovare attraverso una ricerca diligente e lo studio autonomo. Come consumatori, dobbiamo diffidare del richiamo delle sirene di questi guru online, riconoscendo che la strada per il successo è raramente così semplice come dicono. Un valore autentico dovrebbe essere il parametro di riferimento che esigiamo da chiunque si offra di venderci le chiavi dei nostri sogni.


Conclusione


Un tempo faro di innovazione e progresso, il mondo della tecnologia è sempre più oscurato da pratiche ingannevoli: dalle vuote promesse del Rabbit R1 allo sfruttamento di persone ingenue in cerca dei soldi facili. L'integrità del settore è sotto assedio. Influencer e aziende tecnologiche manipolano le percezioni con tattiche di marketing e verità selettive, mentre i guru online capitalizzano i sogni degli ignari con corsi esagerati.


Nonostante queste sfide, ritengo che le Criptovalute e gli NFT - tra le altre - siano tecnologie affascinanti con un immenso potenziale. Ma rimangono in gran parte inaccessibili a coloro che non hanno una buona conoscenza dello spazio digitale, il che comporta rischi significativi. Se da un lato queste tecnologie sono nate dal desiderio di decentralizzazione, il che ne accresce il fascino, dall'altro è fondamentale aumentare la consapevolezza dei pericoli associati.


Bisogna trovare un equilibrio. Un'eccessiva regolamentazione potrebbe soffocare l'innovazione e mettere tutto il potenziale in mano ai soliti sospetti che già sguazzano nella ricchezza dei canali fortificati vecchia scuola, ma senza tutele l'investitore medio rimane vulnerabile. Non so quale sia la soluzione ideale per poter far accedere queste nuove tecnologie nella realtà quotidiana di una buona fetta di cittadini che potrebbero trarne dei vantaggi. Una maggiore sensibilizzazione e attenzione da offrire ad un pubblico più ampio sarebbe sicuramente un buon inizio. Ma è chiaro che va anche scoraggiato l'hype spudorato e vanno protetti al meglio gli individui da truffe frequenti come il rug pull, in cui i creatori spariscono con i soldi degli investitori, lasciandoli con beni privi di valore.


Ripristinare la fiducia nella tecnologia richiede responsabilità e senso etico. Non possiamo più permetterci di partecipare passivamente a un sistema che privilegia il profitto rispetto alle persone. Sentitevi liberi di condividere i vostri pensieri, esperienze e suggerimenti nei commenti. E se vi interessano altri approfondimenti in questo campo non esitate a farmelo sapere!

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